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Siamo abituati ad un pane morbido e bianco, ad una pasta che non scuoce. Molti non sanno che tutto ciò si è ottenuto da un’alterazione genetica del grano.
A partire dagli anni ’60 con l’avvento dei concimi chimici, il grano è sato sottoposto a “nanizzazione”, poiché aumentando la concimazione chimica per poter spingere la produzione, il grano dell’epoca, già alto di per sé, veniva ancora più alto e si allettava.
<<Il paradosso è che oggi, un grano con un indice di glutine alto, che non è digeribile, è detto ottimo, mentre un frumento digeribile con glutine basso viene descritto come scarso. L’indice di glutine alto velocizza il processo di pastificazione, perché il grano può essere sottoposto a temperature di essiccazione molto alte, quindi serve all’industria, ma il nostro intestino non lo riconosce e comincia a produrre radicali liberi che causano mali che vanno dalle allergie ai tumori. È il solito discorso del profitto a discapito della salute, fatto su un alimento che mangiamo giornalmente>>.

 

Il grano Perciasacchi o Strazzavisazza.
Molto conosciuto per il suo pseudonimo di Khorasan, varietà lanciata dal marchio commerciale Kamut, il Perciasacchi sarebbe il Khorasan Italiano.
E’ il grano più antico in assoluto in linea genetica molto vicino al farro, potrebbe essere uno dei primi grani portati in Sicilia, da parte delle prime civiltà provenienti dalle terre fra il Tigri e l’Eufrate, ora Siria, dove l’agricoltura ebbe inizio.
E’ un grano duro utilizzato per produrre una pasta dal carattere forte, selvaggio e naturale. E’ caratterizzato da radici forti e chicchi molto lunghi e ambrati, riconoscibile perché molto diverso rispetto alle altre varietà, per questo motivo non si presta alle sofisticazioni. La sua produzione è ridotta, ma molto ricercata.
Grazie alla stazione di granicoltura di Caltagirone che ha riprodotto il seme per anni, siamo riusciti a recuperare questa varietà, partendo da soli 200g di grano, che ci è stato donato nel 2005 da questo istituto, oggi ne produciamo svariate tonnellate.
Nel 2018 siamo stati nominati dal ministero dell’agricoltura custodi di questa varietà.
Il Perciasacchi è stato riscoperto e rivalutato come cereale d’eccellenza, grazie alle seguenti caratteristiche:
-la pianta ha un’altezza di ca. 1.80 m (superiore a quella del grano comune) e per questo combatte in modo naturale le erbe infestanti che sotto la sua chioma non riescono a crescere, ciò a permesso di adattarsi bene all’agricoltura biologica.
- contiene percentuali più elevate di lipidi, amminoacidi, vitamine e minerali, nonché caratteristiche di elevata digeribilità; rappresenta un’alternativa dolce e squisita per la preparazione di tutti i prodotti attualmente utilizzati a base di grano tradizionale;
- non ha mai subito le alterazioni delle tecniche di manipolazione genetica dell’agricoltura moderna, che sacrificano sapore e contenuto tradizionale a vantaggio di rendimento elevato.

Intolleranze al glutine ed allergie
Il grano duro Perciasacchi è esente da ogni contaminazione da mutagenesi indotta con raggi x e y del cobalto radioattivo, a differenza delle varietà del grano duro OGM irradiato, oggi utilizzati in agricoltura.
Sembra fondata l’ipotesi, che la modifica genetica delle varietà di grani moderni, sia correlata ad una modificazione della loro proteina, e in particolare di una sua frazione, la gliadina, che è un proteina basica, dalla quale per digestione peptica-triptica, si ottiene una sostanza chiamata frazione III di Frazer, alla quale è dovuta l’enteropatia infiammatoria e quindi il malassorbimento (intolleranza al glutine e allergie).

Curiosità: lo sapevi che gli sfarinati di grano duro hanno un indice glicemico minore rispetto a quelli di grano tenero, infatti, la maggior dimensione dei granuli di farina richiedono un tempo più lungo per la loro degradazione da parte degli enzimi digestivi (amilasi).

 

Il grano Timilia o Tumminia
Il grano Timilia, appartiene alla specie con il nome scientifico Triticum durum, è un frumento con cariosside scura che resiste bene alla siccità.
Conosciuto in Sicilia, e nel resto d’Italia anche con i nomi dialettali: tumminia, tummulia, trimminia. Il grano Timilia coltivato già nel periodo greco con il nome di trimeniaios, è una delle varietà più antiche di grano duro a ciclo breve, il periodo di semina è marzo nelle zone collinari (può essere anticipato a gennaio nelle zone marittime) per questo motivo è chiamato anche grano marzuolo, veniva coltivato in annate con autunni piovosi, che non consentivano l’accesso nei campi per la semina. È un grano molto resistente alla siccità, adatto alle coltivazioni in paesi caldi e secchi, per questo motivo prese piede nelle regioni del sud Italia come la Sicilia, ma anche del sud Europa (Francia, Spagna e Portogallo) e nei paesi del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo, durante il primo cinquantennio del secolo scorso.
 Non richiede grandi tecniche di coltivazione e cure particolari, per questo è adatto anche alle coltivazioni biologiche.
Negli anni 30 la Stazione di Granicoltura per la Sicilia ha selezionato due varietà di Timilia denominate: Timilia a reste nere e Timilia a reste bianche.  Grazie la tenacia di produttori e dei coltivatori locali, il grano Timilia negli ultimi anni ha riconquistato un posto di riguardo nella produzione di grano in Sicilia, soprattutto nelle aree del trapanese e del palermitano dove le coltivazioni si estendono per circa 200 ettari e circa 100 ettari per altri grani antichi.

La Farina di Timilia è prodotta per mezzo di antiche macine a pietra nella zona del trapanese, seguendo le antiche tradizioni; è una farina integrale poco burattata, essa contiene molti oligo-elementi del germe di grano e della crusca; presenta un alto valore proteico e un basso indice di glutine. Questa farina è molto indicata per la panificazione, in aggiunta con altre semole siciliane, essa deve essere consumata in tempi relativamente brevi (circa 4 mesi) per non perdere le sue qualità organolettiche. La farina di Timilia, dopo la molitura, presenta un colore grigiastro, diverso dalle farine commerciali a cui solitamente siamo abituati; i prodotti alimentari che derivano dall’’impiego di questa farina sono pani integrali o pani scuri chiamati così proprio per il caratteristico colore scuro dell’’impasto e della mollica. Il pane tipico prodotto con questa particolare farina è chiamato “Pane nero di Castelvetrano”, originario di un piccolo paese omonimo della provincia trapanese. Il pane di farina Timilia è molto profumato, con un buon apporto nutrizionale e grazie all’’impiego delle paste acide (lievito naturale) ha una lunga durata, si conserva per alcuni giorni morbido e profumato. Grazie alle innovazioni alimentari introdotte dalle ditte produttrici, questa farina viene impiegata anche per la produzione di pasta artigianale fresca e secca. Un prodotto dal sapore intenso e deciso che si sposa bene con i sughi ricchi di storia e di cultura della cucina siciliana.

 

Il grano Russello
Il Russello è una varietà antica di grano duro Siciliano, portata in Sicilia dai soldati rientrati dalla guerra in Russia, impressionati dal rosso intenso del chicco, infatti un altro nome del Russello e tangarò derivante dalla parola Taganrog porto russo dove attraccavano le navi per il carico e scarico del grano. Ormai raro, la nostra azienda lo ha reintrodotto in coltura da più di dieci anni curandone la selezione; questo grano supera il metro e 80 di altezza ed era molto apprezzato dai contadini per la quantità di paglia prodotta.
Per quanto riguarda la panificazione, pur presentando alcune caratteristiche reologiche che, secondo i parametri ufficiali non sarebbe pienamente idonee alla panificazione, è utilizzato per produrre pane a pasta dura, secondo la tecnica tradizionalmente diffusa in provincia di Ragusa, i risultati ottenibili sono eccezionali: sia sul piano organolettico che su quello visivo.
Pare che il pane nero di Castelvetrano, fosse originariamente ottenuto miscelando opportunamente la varietà Tumminia con la varietà Russello ma, vista la scarsa produzione di quest’ ultimo, è stato sostituito con altre varietà di grano.

 

Il grano Maiorca
Caratterizzato dal colore bianco, è un grano tenero, morbidissimo, dalla pianta robusta. Riesce a crescere in zone marginali e aride, producendo semi dalle spiccate proprietà nutritive. Una delle poche varietà di grano tenero prodotte in Sicilia, veniva coltivato dagli agricoltori in piccoli campi per donarlo alla chiesa, che ci preparava le ostie E’ particolarmente adatto per preparare i dolci, soprattutto i biscotti, ma è ottimo anche come materia prima per pane e grissini.

 

Il grano Cappelli
E’ un grano duro utilizzato per lo più per produrre una pasta. E’ il grano meno antico, è l’unica varietà definita antica registrata tra le varietà moderne, cioè tutte le altre Varietà di grano antichi sono registrate nel registro “varietà da conservazione” tranne il Cappelli.
Storia
: definito “razza eletta” negli anni ’30 – ’40, era di largo uso nelle terre di Puglia e Basilicata.
Il suo nome deriva in onore del senatore abruzzese Raffaele Cappelli, promotore nei primi del novecento della riforma agraria che ha portato alla distinzione tra grani duri e teneri.
È un frumento duro, aristato (cioè dotato di ariste, i filamenti che si notano nelle graminacee), ottenuto per selezione genealogica a Foggia, nel 1915 da Nazareno Strampelli. Per decenni è stata la coltivazione più diffusa, fino al diffondersi delle varietà più produttive.
Attualmente la moltiplicazione del seme è stata concessa dal CREA in esclusiva alla ditta sementiera SIS di Bologna che ne ha monopolizzato la vendita, oggi non si può più coltivare questa varietà se non con contratto di coltivazione con questa ditta.
La nostra azienda non coltiva più questa varietà, abbiamo optato per la coltivazione della varietà Bidì – Margherito, che tra l’altro sarebbe il padre del Cappelli, poiché il prof. Strambelli quando ha costituito la varietà ha attinto a questa varietà Siciliana. Inoltre il Bidì margherito è registrato dalla regione Sicilia e quindi accessibile a tutti ed esente da qualsiasi royalty richiesta per la coltivazione.

 

Il grano Bidi o margherito
Bidì, chiamato così nella parte occidentale della Sicilia, nome derivante dalla scritta riportata sui sacchi di grano provenienti dalla tunisia BD ovvero grano duro in francese “Blè Dur”, o Margherito chiamato nella parte orientale della Sicilia per la località dove veniva coltivato la valle del Margherito nel Catanese. è un grano che produce il 50 per cento in meno rispetto alle varietà moderne – 20 quintali per ettaro invece di 40 o 50 – con un bassissimo indice di glutine e per questo digeribile.
Eccellente per l’attitudine alla pastificazione e per dare un pane ben lievitato.

 

Cece sultano
Storia: il cece è una delle leguminose da granella più antiche e largamente utilizzate nel Medio ed
Estremo Oriente. Ritrovamenti archeologici, ad Hacilar in Turchia, di campioni di seme
probabilmente ascrivibili a forme selvatiche di Cicer sono stati fatti risalire ad oltre 5000
anni a.C.. Prove di coltivazione risalenti all’età del Bronzo sono state ritrovate in Iraq nei millenni successivi. Il cece è coltivato in tutti i paesi del Mediterraneo.
Usi: i semi allo stato fresco sono usati come quelli del pisello o in sua vece, o possono essere consumati crudi. I semi secchi possono essere utilizzati in una pluralità di modi: come tali, come cotiledoni decorticati, come farina, dopo averli decorticati, per preparare piatti diversi, germinati per curare le deficienze vitaminiche, poiché il contenuto di Vitamina C è il doppio che nei semi dormienti.  Eccetto che per metionina e triptofano il cece rappresenta un’ ottima fonte di aminoacidi la cui efficacia sembri aumenti con l’aggiunta di sali minerali e vitamine
Caratteri Botanici e Biologia: il cece appartiene alla famiglia delle Leguminose (o Papilionaceae). È una pianta erbacea annuale con portamento di tipo semi-eretto, qualche volta eretto o prostrato. Presenta steli dritti o flessuosi, angolosi, lunghi da 20 a 25 cm.
Esigenze ed adattamento ambientale: il ciclo biologico può durare da 4 a 6 mesi a seconda dell’epoca di semina
Coltivazione:  è una coltura da rinnovo, miglioratrice in quanto leguminosa, quindi capace di fissare l’azoto atmosferico. Risulta una coltura che non sopporta il ritorno ravvicinato (non meno di 3 anni, altrimenti si corre il rischio della diffusione di malattie fungine e di orobanche). Bisogna preparare, ad agosto-settembre, il terreno con una aratura medio-profonda (25-35 cm).

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